
Arte - Presenza - IA e Intelligneza Umana
05 luglio 2025
Questa mattina sono stata in un Liceo di Bologna. Da 5 anni ormai mi chiamano a presenziare alla giornata di premiazione delle migliori recensioni di film, all’interno di un cineforum per le scuole. Sono tutti film d’autore, ricercati e che normalmente non vengono proiettati nei cinema e sulle piattaforme. Film che hanno davvero in seno dei messaggi profondi e uno sguardo che va oltre il mero intrattenimento.
La prima volta quando Angela - l'organizzatrice - mi chiamò mi disse:
“Guarda Elina, tu devi solo presentare, chiamare i ragazzi e le ragazze che hanno vinto il “premio migliore recensione”, fargli qualche domanda e intrattenere il pubblico”.
Intrattenere. Una cosa che mi conosce, sa che quando sono in vena, so fare molto bene.
Ma a me piace andare oltre. Anche nell’intrattenimento, o apparente che sia, per me c’è sempre un significato, un senso delle cose. O se non c’è, ce lo devo mettere io.
Da qualche tempo, da quando ho abbracciato il lavoro su se stessi e la ricerca sull’alchimia trasformativa interiore, ho scelto, ho proprio deciso consapevolmente e dichiarato ad alta voce, che qualsiasi cosa avessi fatto tramite il mio lavoro, mi sarei sforzata il più possibile di farlo in presenza.
Per chi non sa cosa significhi “fare le cose stando in presenza”, significa esserci mentre fai quella cosa. Che cerchi il più possibile di non vagare con la mente, ma sei lì, con l’attenzione nel corpo e in ciò che stai facendo, senza lasciarti distrarre dalla meccanicità che ci sbatte sempre fuori da noi.
Ecco, qualche anno fa ho deciso che ogni volta che fossi salita su un palco, lo avrei fatto cercando e sforzandomi di farlo in presenza.
Un’altra cosa che ho deciso e scelto di fare è quello di imparare a mettermi al servizio. Al servizio di ciò che serve che io porti e che io faccia. In quel momento.
E una cosa che faccio, prima di iniziare, è dire:
“Mi metto al Servizio della vita, del Divino. Usami come tuo strumento. Fa' che le mie parole, le mie azioni e i miei pensieri siano usati al servizio del piano divino, di ciò che serve in quelsto momento”.
E ogni volta che metto questo intento, succedono miracoli.
Ma non quelli che pensate voi, quelli che fanno scalpore. Ma miracoli sottili, impercettibili, ma profondamente preziosi.
È ciò che è accaduto oggi in questo liceo.
Sapevo che dovevo andare a presentare questa giornata di premiazioni.
Ma per me quelle premiazioni erano solo un pretesto, una scusa. Come il cinema: uno strumento. Un modo per connettere le coscienze.
Io volevo incontrare i ragazzi, sentirli, donargli la mia presenza.
E sono successe meraviglie.
Si è palesata davanti a me una sala con più di una centinaio di adolescenti tra i 15 e i 18 anni. Quegli adolescenti che spesso denigriamo perché sempre attaccati allo smartphone, come se noi stessimo sempre con la testa sui libri a disquisire di Shopenauer.
All’inizio erano distratti; ognuno pensava a parlottare, chi guardava il telefono, chi parlava con l’amico, chi sbadigliava.
La professoressa che organizzava il cineforum inizia a parlare al microfono, nessuno se la fila.
Con gli adolescenti, come anche con i bambini, se non catalizzi l’attenzione, puoi anche urlare che hanno vinto l’ultimo iPhone sul mercato, non ti sentono.
Ci vuole presenza.
Così, prendo la parola. Guardo la sala, provo a sentirla, ad ascoltare ciò di cui avevano bisogno.
Qualche giorno prima, Angela, l’organizzatrice mi dice che molte recensioni le sembravano scritte con l’intelligenza artificiale.
Io, ingenuamente, rimango stupita.
Effettivamente anche io alla loro età avrei fatto lo stesso. Quando i professori non riuscivano a farmi comprendere il perché dovessimo fare una certa cosa, io non la facevo, non era interessata a farla. Non ne comprendevo il senso.
Così ho raccontato a quella platea di giovani uomini e donne che non è sbagliato usare l’intelligenza artificiale. Ma che per essere davvero liberi è importante che l’Ai sia uno strumento al nostro servizio e non il contrario. Che l’AI servirà per fare tutte quelle cose meccaniche che l’uomo sta pian piano smettendo di fare, perché stiamo sempre più andando verso un’umanità che dovrà creare.
E per quello servono capacità che l’IA non ha.
Gli ho detto che l’AI non è una piaga da combattere, ma uno strumento che deve spronarci a tirare fuori i nostri veri talenti: l’intuito, il pensiero critico, l’intelligenza emotiva.
E quando saremo così saturi di tutto questo digitale, si tornerà davvero umani.
Quando non riusciremo più a distinguere la realtà dalla finzione, sarà il cuore a parlare, sarà il contatto animico e sottile con gli altri esseri e con il mondo che ci circonda, che ci farà capire cosa è vero e cosa non lo è.
Ma questi sono strumenti e abilità che dobbiamo imparare a sviluppare e non tutte le IA vengono per nuocere, se solo impariamo a sviluppare un pensiero libero, critico. Nostro.
Impareremo a usare questo ipertecnicismo e iperconnessione, come la leva per sviluppare la connessione interiore. Allora nessuna intelligenza artificiale potrà rubarci più nulla, perché noi avremo sviluppato l’intelligenza umana. Quella cardiaca, quella dello Spirito interiore, che va oltre ogni algoritmo.
E allora lì saremo davvero liberi. Liberi di pensare, liberi dalle guerre e dai soprusi che stiamo osservando intorno a noi.
Far scrivere una recensione dall’IA ci sta anche, ma ciò che ho detto loro è che quell’incontro era soltanto un pretesto.
Il cineforum era un pretesto.
Per cosa? Per ascoltare. Per vedere. Per guardarsi dentro. Perché l’arte, il cinema, il teatro fa questo, (o almeno quello vero dovrebbe far questo): permettere di farti rivivere il viaggio dell’eroe, dalla chiamata, fino alla crisi e al ritorno a casa.
È il viaggio evolutivo dell’anima. Questo raccontano le storie. Ci raccontano come possiamo anche noi vivere quella storia, e il protagonista ci fa vedere come trovare le risorse, il nostro elisir, per trasformare la crisi in opportunità.
Ci fanno da specchio.
"A questo serve il cineforum, a questo servono le recensioni. Ma se nessuno ve lo dice, ragazzi, è giusto che voi vi facciate scrivere la recensione dall’IA."
Perciò gli ho detto che io volevo ascoltare loro, il loro pensiero.
Gli ho fatto domande sui film che avevamo visto e mi hanno raccontato una loro intimità così bella e preziosa, che va gestita con cura.
I nostri giovani e ragazzi hanno una sensibilità sottile che vanno preservata.
Non hanno paura del “diverso”, cercano il contatto vero, autentico, e si rifugiano nell’online perché fuori non c’è nessuno ad ascoltarli. A dargli la loro presenza, ad ascoltare i loro bisogni, i loro sogni.
Abbiamo parlato di diritti umani, della bellezza della diversità, di come le difficoltà della vita siano la leva all’evoluzione umana.
Avevano visi luminosi, belli e occhi profondi.
Mentre li ascoltavo e li guardavo, commossa, ricordavo a me stessa di rimanere presente, di essere lì con loro, perché quelle non dovevano essere solo parole, ma una vera e propria trasmissione orale, uno scambio di forze, di energie: da me a loro, e da loro a me.
All’improvviso ho sentito quei circa 130 ragazzi, insegnanti compresi, in silenzio, mi guardavano, mi ascoltavano. Erano lì con me.
La professoressa di inglese mi ha ringraziato dicendo che ero riuscita a catalizzare la loro attenzione.
Non sono stata io, ma la forza e l’intenzione di essere Presente.
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